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[Francesca]
                      “Pechino 2008, Londra 2012 e Rio 2016
                   sono state le tre paralimpiadi a cui tu, Ceci-
                 lia Camellini, hai partecipato, prima di trasfor-
               mare l’attività agonistica nella tua attuale pro-
             fessione di psicologa a partire dal 2018. Sapere
             cosa abbia insegnato la doppia carriera a Cecilia
             Camellini, come atleta, come persona e come
             professionista penso sia molto interessante e
                possa servire per poterla sostenere e favorire.”



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                              [Cecilia]
                          “Servirebbero molte pagine per poter raccontare bene cosa significhi studiare e fare
                    sport e avere, così, una doppia carriera. Per rispondere alla domanda, partirò raccontando qual-
                 che episodio della mia esperienza, per fare qualche esempio pratico dei contenuti che sono stati di-
                scussi sopra. La mia doppia carriera è iniziata presto, quando ero all’ultimo anno della scuola secondaria
              di primo grado, ed è continuata per tutti gli anni del liceo classico e dell’università. Non c’è stato un solo
             momento in cui io abbia pensato di dedicarmi solo all’una o l’altra cosa, anche se in certi frangenti, soprattutto
            in quelli in cui mi veniva richiesto maggiore impegno, ci sono stati attimi in cui ho pensato di lasciar andare qual-
           cosa. Studiare al mattino e nuotare al pomeriggio quando ero al liceo e organizzare lo studio universitario assieme
          alla preparazione paralimpica mi hanno richiesto molti sacrifici, ma mi hanno portato anche grandi soddisfazioni.
          La prima cosa che mi ha insegnato la doppia carriera è stata, appunto, la capacità di organizzare bene il mio tempo
          in modo produttivo, per incastrare al meglio tutti gli impegni, senza ridurmi a studiare alle tre di notte tutti i giorni.
          Nei momenti in cui le competizioni sportive e gli allenamenti diventavano più importanti, soprattutto in vista delle
          paralimpiadi nel periodo universitario, mi sono vista costretta a ridurre notevolmente il carico di studio e questo mi
          ha portata a vivere anche in modo peggiore l’allenamento stesso: questo perché la mia mente e il mio corpo han-
          no sempre lavorato insieme, bilanciandosi e dandosi energia reciprocamente. Fare i doppi allenamenti non mi era
          sempre consentito durante il periodo scolastico, magari una o due volte la settimana al massimo, perché in quel
          caso dovevo conciliare gli orari scolastici e la disponibilità delle piscine, cosa non sempre facile trattandosi di sport
          paralimpico.
          Oltre all’organizzazione, la doppia carriera mi ha insegnato molto presto ad essere flessibile e ho imparato a dosare
          le mie forze e il mio tempo in base agli obiettivi che mi prefissavo. Difficile era a volte conciliare le pretese scolastiche
          e quelle sportive, sia quelle provenienti da professori e allenatori, ma soprattutto quelle che io stessa mi richiedevo.
          La doppia carriera è stata una buona “allenatrice” anche sotto questo punto di vista, perché mi ha aiutata a non
          pretendere di raggiungere il massimo dappertutto, ma, in modo più ampio, di trarre il meglio da entrambe le mie
          esperienze. Da parte mia e da parte dell’allenatore, insegnanti e famiglia, ci è voluta grande volontà per mantenere
          un equilibrio che ci permettesse di mettere insieme tutto, senza trascurare anche la vita privata.
          Anche oggi, per rispondere all’altra parte della domanda di Francesca, ciò che mi rimane maggiormente degli
          insegnamenti della mia doppia carriera, è proprio questa attitudine a non volermi dedicare al 100% ad una
          cosa sola alla volta: mi piace poter portare avanti più attività, con l’attenzione rivolta alla costruzione di una
          professione e della mia vita a 360°. Procedo per valori e priorità e, ricollegandomi a ciò che diceva France-
           sca riguardo a prestazioni cognitive, da una parte, e sportive, dall’altra, l’idea di poter combinare un’atti-
             vità lavorativa o di studio prevalentemente seduta ad una dinamica e in movimento mi ha permesso
               di continuare per più tempo entrambe le cose senza stancarmi. Come ho già accennato, nei
                 momenti in cui sono stata costretta a dedicarmi solo all’una o l’altra, mi sentivo come
                     se mi mancasse qualcosa.”






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